TURISMO IN CRISI, NON È SOLO COLPA DEGLI OMBRELLONI VUOTI SANSIVIERO: "INTERVENIRE SU IVA,COSTO LAVORO E POTERE ACQUISTO"

L'estate italiana, da Riccione al Salento, dalla Versilia alla costiera amalfitana, quest'anno ha il retrogusto amaro della crisi.
Le immagini delle spiagge semivuote e degli ombrelloni chiusi sono ormai quotidiane, ma fermarsi a questa cartolina significa non cogliere la portata del problema.
Non sono solo i lidi balneari a soffrire: la difficoltà si allarga agli alberghi, ai ristoranti, ai bar e a tutte le attività legate ai flussi turistici.
I numeri parlano chiaro. A luglio 2025 le presenze in spiaggia sono scese fino al 15% rispetto a giugno, con picchi negativi del 30% in alcune zone. L'atteso "pienone" di agosto non si è materializzato, e dietro le file ordinate di lettini rimasti vuoti si nasconde un effetto domino: camere d'albergo che restano libere, prenotazioni cancellate all'ultimo momento, soggiorni ridotti e tavoli che, soprattutto nei giorni feriali, restano senza clienti.
A cambiare è anche la tipologia di vacanza: quelle lunghe e pianificate con anticipo lasciano il posto a fughe brevi e last minute, concentrate nei weekend o rinviate ai mesi di spalla.
Una tendenza che potrebbe favorire la destagionalizzazione, ma che mina la stabilità delle imprese, costrette a gestire costi fissi con entrate imprevedibili.
Il vero nodo, però, è più profondo. Le famiglie italiane fanno i conti con l'aumento dei prezzi di beni essenziali, energia e bollette, mentre stipendi e pensioni restano fermi. La vacanza, un tempo appuntamento fisso, diventa per molti un lusso. Si stima che quest'anno ben 8 milioni di italiani rinunceranno del tutto alle ferie, e chi parte spesso taglia drasticamente la spesa per alloggio e ristorazione.
In questo scenario pesa anche un contesto competitivo svantaggioso: l'IVA sui servizi turistici in Italia è al 22%, molto più alta rispetto a quella applicata in molti Paesi del Mediterraneo. A ciò si somma un costo del lavoro tra i più elevati in Europa, che erode i margini e riduce la possibilità di investire in innovazione e qualità.
Per Fenailp Turismo non è il momento di cercare colpevoli tra le categorie, ma di agire sulle cause strutturali. L'associazione chiede una riduzione dell'IVA sui servizi turistici per allinearla agli standard europei, sgravi sul costo del lavoro per salvaguardare occupazione e qualità, incentivi concreti alla destagionalizzazione e misure a sostegno del potere d'acquisto delle famiglie, così da rilanciare la domanda interna e riportare gli italiani a viaggiare nel proprio Paese.
«Non possiamo giudicare il turismo solo dal prezzo di un ombrellone o di un piatto di spaghetti. Dietro quei prezzi ci sono imprese che devono coprire bollette, tasse, costo del lavoro e materie prime. In molte località la stagione utile per far quadrare i conti dura appena 40 o 50 giorni. Se non interveniamo subito sulle cause strutturali, continueremo a perdere competitività e posti di lavoro. Il turismo non è un lusso: è un motore dell'economia nazionale e va messo nelle condizioni di ripartire davvero», sottolinea Marco Sansiviero, Presidente Nazionale di Fenailp Turismo.