SCIOPERO DEI BALNEARI: ANTONIO CECORO PRESIDENTE NAZIONALE ASSODEMANIALI-FENAILP INIZIATIVA INUTILE E DANNOSA

Ombrelloni chiusi per protesta più partecipazione in Sardegna, Liguria e Lazio. In Calabria e Campania la protesta non si è fatta sentire.
Di primo mattino, la vista è insolita. Ombrelloni aperti come un giorno qualsiasi d’estate e ombrelloni chiusi. Non per caso, ma per precisa volontà: “chiuso” contro le imminenti aste volute dalla direttiva europea Bolkestein; “aperto”
significa niente protesta, non perché l’idea delle aste sia condivisa, tutt’altro:
ma non era questo il modo, né il momento – come spiegano i balneari i molti balneari italiani che hanno sposato la seconda linea – per manifestare il
dissenso; il rischio di un’iniziativa del genere, semmai, è di danneggiare chi dà lavoro agli stabilimenti: i clienti.
L’associazione Assodemaniali-Fenailp, non è stata d’accordo con le modalità dello sciopero. Così il presidente Antonio Cecoro: «Aprire gli ombrelloni un’ora dopo è come andare a scuola un’ora dopo. Questa forma di protesta è stata
talmente blanda, che non ha potuto far altro che trasmettere la sottovalutazione o il disinteresse del problema da parte dei concessionari.
Tra i Comuni che fanno bandi indiscriminati e l’Agcm che invade le competenze legislative dello Stato, stiamo vivendo una situazione gravissima; e la risposta della categoria è stata quella di aprire gli ombrelloni alle 9.30. A mio parere si è trattata di
un’iniziativa non solo inutile, ma persino dannosa. Nei mesi scorsi, quando gli agricoltori hanno rischiato le proprie imprese, hanno fatto azioni ben più incisive. Il malessere dei balneari è molto più grave di questa ridicola chiusura,
perciò Assodemaniali-Fenailp non ha avuto alcuna intenzione di aderire a questa blanda iniziativa. Il motivo principale è stato questo, più che quello di
non essere stati coinvolti in partenza».
Insomma una spaccatura che sa di flop secondo il Codacons che ha sottolineato come "il numero dei lidi che hanno chiuso nelle due ore di sciopero
è inferiore alle aspettative, e la protesta non ha raggiunto i risultati sperati. Al di là delle istanze della categoria, che chiede giustamente certezze sul proprio futuro, proclamare scioperi nel bel mezzo della stagione estiva si conferma una
scelta sbagliata, bocciata sia dai consumatori sia dagli stessi gestori".
I balneari chiedono certezze per le concessioni che sono scadute lo scorso 31 dicembre, dopo lo stop del Consiglio di Stato alla proroga fino alla fine del 2024 decisa dal governo. Fonti di governo nei giorni scorsi hanno fatto sapere che
in una delle prossime sedute del Consiglio dei ministri, a valle delle interlocuzioni con la Commissione Europea, verrà esaminato e approvato il
provvedimento di riordino delle concessioni demaniali ad uso turistico- ricreativo per stabilire un quadro giuridico certo per gli operatori e per le amministrazioni locali. In tema di concessioni balneari "c'è un confronto sul parere motivato della commissione europea che va avanti, con le sue
complessità", ha spiegato il ministro per gli Affari Ue, Raffaele Fitto. Il governo
la scorsa estate aveva avviato la mappatura delle spiagge per comprendere in che percentuale siano adibite a stabilimenti, attività ricreative e ristorazione.
Perchè la direttiva comunitaria Bolkestein del 2006 prevede che "l'autorizzazione rilasciata al prestatore non ha durata limitata", a eccezione di
alcune fattispecie. E che i bandi vadano fatti qualora: "Il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali". Al momento sarebbe utilizzato in concessione circa il 33% delle coste. I balneari auspicavano che il dato fornito dalla mappatura potesse essere lo strumento per mostrare alla Ue che non c'è scarsità di risorse e quindi le spiagge non vadano messe a bando. I numeri del settore, frammentari, appaiono essi stessi una parte del problema. Negli ultimi anni diversi studi parlano di concessioni per 6.600 stabilimenti che frutterebbero circa 130 milioni di euro annui di canoni di utilizzo a fronte di un
fatturato medio di 260 mila euro. Il commissario europeo per il mercato interno
Thierry Breton però in primavera ha fatto sapere che la valutazione delle coste
disponibili in Italia per le concessioni balneari dovrebbe essere "reale e obiettiva" e "basarsi su un'analisi qualitativa".