Se il conducente viola il riposo, l’azienda trasporti non ha colpe

Non sussiste la responsabilità solidale dell'azienda se questa dimostra di avere formato e istruito l'autista riguardo agli obblighi relativi ai riposi periodici.

RIPOSO SETTIMANALE ALLA GUIDA E RESPONSABILITÀ DELL'AZIENDA

Con una innovativa sentenza (n. 175/2021 sotto allegata), il giudice di pace di Ferentino ha rilevato che non sussiste la responsabilità solidale dell'azienda di trasporti in occasione della violazione degli obblighi relativi al riposo settimanale da parte del conducente, se la stessa dimostra di aver fornito all'autista idonee istruzioni in merito.

Durante il giudizio, infatti, la società, assistita dall'avv. Roberto Iacovacci, è riuscita ad offrire prova documentale dell'attività di formazione svolta in favore del proprio dipendente in materia di durata massima della guida.

RESPONSABILITÀ SOLIDALE PER VIOLAZIONE TEMPI DI GUIDA

L'art. 174 del codice della strada prevede una serie di sanzioni per i conducenti che non osservano la normativa relativa alla durata della guida degli autoveicoli adibiti al trasporto di persone o di cose.

Tale materia è disciplinata essenzialmente dal regolamento CE n. 561/2006, specificamente richiamato dall'articolo citato.

Una rilevante particolarità della disciplina in oggetto è rappresentata dalla previsione della responsabilità solidale in capo all'azienda di trasporti per cui lavora il conducente che ha violato gli obblighi di durata massima della guida (cfr. comma 13 dell'art 174 c.d.s.).

In particolare, a norma del successivo comma 14, l'impresa che nell'esecuzione dei trasporti non osserva le disposizioni contenute nel regolamento CE n. 561/2006, ovvero non tiene i documenti prescritti o li tiene scaduti, incompleti o alterati, è soggetta ad una sanzione amministrativa pecuniaria per ciascun dipendente cui la violazione si riferisce.

DURATA DELLA GUIDA PER TRASPORTO E VIOLAZIONE DEL RIPOSO

La vicenda sottoposta al vaglio del giudice di pace di Ferentino prende le mosse da un controllo di polizia in occasione del quale veniva elevata al conducente una sanzione amministrativa per violazione della normativa sui tempi di guida e di riposo e in particolar modo per mancata osservanza del prescritto riposo settimanale.

Al riguardo, il giudicante ricordava che, come chiarito dalla circolare n. 300 del 24 marzo 2017 del Ministero dell'Interno in materia di formazione e controllo sull'attività dei conducenti, per non incorrere in responsabilità solidale l'azienda è chiamata a dimostrare nel caso specifico l'attività di formazione e controllo svolta a favore dell'autista sanzionato.

Quest'ultimo, infatti, è tenuto a portare con sé la documentazione relativa a tale attività, in modo tale da consentire già alla Polizia stradale, in sede di accertamento, di non contestare l'addebito anche alla società.

Tale documentazione, viene specificato, consiste nelle istruzioni annuali e nell'ultima lettera consegnata all'autista che attesti l'attività di controllo su di lui effettuata dall'azienda.

L'AZIENDA NON È RESPONSABILE SE FORNISCE LE ISTRUZIONI AL CONDUCENTE

Ebbene, nella controversia in oggetto l'azienda è riuscita a dimostrare compiutamente l'attività di formazione svolta in favore del conducente, il quale era in possesso di apposita "informativa autisti" sui tempi di guida e di riposo e delle istruzioni regolanti il servizio, da lui firmate per presa visione.

In aggiunta, l'azienda ha persino prodotto in giudizio un atto in cui, a seguito della notifica della violazione, aveva chiesto espressamente spiegazioni al conducente, aprendo un procedimento disciplinare a suo carico.

Da tanto si accertava che l'autista aveva agito di propria iniziativa per ridurre i tempi di trasporto in violazione delle norme sui riposi periodici, senza attenersi alle disposizioni fornitegli e senza rimettersi - come avrebbe dovuto fare - alle decisioni della società in merito alla gestione del viaggio.

In base a quanto sopra, il giudice di pace di Ferentino escludeva la responsabilità solidale della società, rilevando che la violazione dei limiti previsti dal regolamento CE 561/2006 non fosse imputabile ad una non corretta organizzazione del lavoro da parte dell'azienda.

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