Non è reato non comunicare all’INPS la morte di un congiunto

Per la Cassazione non è reato non comunicare i dati della congiunta defunta all'INPS perché la legge non prevede questo obbligo.

NON C'È REATO SE NON SI COMUNICA ALL'INPS LA MORTE DEL CONGIUNTO

L'omessa comunicazione della morte della congiunta all'INPS da parte delle congiunte e il contestato utilizzo delle somme presenti sul conto corrente della defunta a titolo di pensione, non realizzano il reato di cui all'art. 316 ter c.p, non solo perché le stesse non sono obbligate per legge a effettuare questa comunicazione, ma anche perché il conto era cointestato a una delle due imputate e sullo stesso confluivano anche le entrate della sua azienda agricola.

La sentenza della Corte di Appello quindi va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. Questa la decisione della Cassazione contenuta nella sentenza n. 31210/2021.

LA VICENDA PROCESSUALE

Due donne vengono ritenute responsabili, anche in sede di appello, della commissione del reato di cui all'art. 316 ter c.p. perché hanno omesso di comunicare il decesso di una loro congiunta e hanno continuato a percepirne la pensione accreditata mensilmente sul conto intestato a una delle due imputate e alla defunta sul quale anche l'altra imputata poteva operare. Condizione che ha permesso alle due donne di utilizzare, tramite carta di credito, l'importo di 18.000 euro presenti sul conto.

CARTA DI CREDITO NON FUNZIONANTE, NESSUNA APPROPRIAZIONE INDEBITA

Il difensore delle imputate nel ricorrere in Cassazione solleva le seguenti doglianze:

  • nel caso di specie c'è stata un'errata applicazione della legge penale e vizio di motivazione sulla responsabilità per quanto riguarda l'utilizzo delle somme anche perché la carta di credito era smagnetizzata e non funzionante e comunque la stessa è stata rivenuta nella disponibilità di una sola delle due donne;
  • in secondo luogo si lamenta violazione di legge per il mancato proscioglimento dal reato stante l'intervenuta prescrizione, alla luce della errata e contraddittoria motivazione della Corte di Appello che ha qualificato il reato commesso come a "consumazione prolungata."

LA LEGGE NON PREVEDE L'OBBLIGO DI COMUNICAZIONE A CARICO DEI CONGIUNTI

La Corte di Cassazione adita dichiara l'annullamento della sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Ricorda la Cassazione che dalla formulazione dell'art. 316 ter c.p emerge che detto reato per essere integrato richiede certe modalità di azione per ottenere il conseguimento indebito di erogazioni pubbliche. In particolare "le informazioni, la cui omissione può integrare la fattispecie di cui all'art. 316-ter cod. pen. devono essere "dovute", devono, cioè, trovare fondamento in una richiesta espressa dell'ente erogatore o, comunque, risultare imposte dal principio di buona fede precontrattuale di cui all'art. 1337 cod. civ., ipotesi, quest'ultima, concretamente invocabile in relazione ad una istruttoria finalizzata alla concessione di erogazioni pubbliche."

Particolare è il caso di specie, in cui la violazione dell'omessa comunicazione all'ente che eroga la pensione viene fatta risalire a quanto disposto dall'art. 72 del DPR n. 396/2000, che sancisce l'obbligo da parte dei congiunti o di persona convivente o informata di comunicare la morte di un soggetto entro le 24 ore dal decesso all'ufficiale dello stato civile del luogo dell'evento o del luogo in cui il cadavere è stato deposto. Obbligo che, se la morte avviene in ospedale, in una casa di cura o luoghi similari grava sul direttore o un suo delegato.

Altre due disposizioni di legge poi pongono a carico dell'ufficio Anagrafe del Comune di comunicare all'ente di previdenza la morte del soggetto assicurato. Obbligo che, se non adempiuto, comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria. Obbligo di comunicazione che la legge pone infine a carico dei medici necroscopi tramite l'invio di un certificato online.

Da un quadro normativo di questo tipo la Cassazione rileva che in realtà nessun obbligo di comunicazione del decesso all'INPS è posto a carico delle due imputate, congiunte della defunta.

Precisa la Corte che "siffatto obbligo non è imposto ai congiunti in relazione al trattamento pensionistico erogato, spettando ad essi unicamente la comunicazione del decesso della (…) al Comune di appartenenza, debitamente assolta e in forza della quale si sono attivate le indagini della Guardia di Finanza che hanno comparato le certificazioni di decesso alle risultanze della banca dati dell'istituto erogatore constatando che il pagamento della pensione era ancora in corso."

Alle due imputate quindi non poteva chiedersi di provvedere alla comunicazione del decesso della congiunta all'INPS, perché sulle stesse non grava tale obbligo per legge, ma solo quello, debitamente assolto, di comunicare il decesso entro ventiquattro ore all'Ufficio Anagrafe del Comune.

Il reato contestato alle imputate non è configurabile quindi perché manca l'omissione di informazioni dovute, così come l'appropriazione della pensione su un conto di cui una delle coimputate era cointestataria e sul quale confluivano anche le entrate della sua impresa agricola. Punto sul quale la Corte di Appello si è espressa in modo molto confuso.

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