Immissioni rumorose: Risarcimento anche senza perizia o danno biologico

Per la Cassazione non hanno necessariamente natura tecnica i mezzi di prova per accertare la normale tollerabilità delle immissioni e l'assenza di danno biologico documentato non osta al risarcimento.

RISARCIMENTO INTOLLERABILITÀ IMMISSIONI SONORE

Il vicino eccessivamente rumoroso rischia di essere condannato al risarcimento del danno per intollerabilità delle immissioni sonore provenienti dalla sua proprietà, anche se non è stato possibile effettuare una perizia a seguito della rimozione delle fonti di rumore. Ciò in quanto i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità delle immissioni ex art. 844 c.c. non devono essere necessariamente di natura tecnica.

Inoltre, l'assenza di un danno biologico documentato non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, qualora siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione e il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nell'ordinanza n. 21621/2021 (sotto allegata) in una vicenda riguardante la cessazione delle immissioni acustiche lamentate da alcuni vicini a causa della presenza, nel fondo confinante, di numerosi animali (galli, galline, cani, tortore).

Il Tribunale in prime cure aveva dichiarato cessata la materia del contendere in quanto, al momento della richiesta di eliminazione delle immissioni sonore, i convenuti avevano rimosso gli animali asseritamente produttivi delle immissioni. Una decisione confermata dalla Corte d'Appello, la quale evidenzia come, proprio per effetto di tale comportamento, non era stato possibile esperire una consulenza tecnica utile al fine di verificare il rispetto dei limiti di tollerabilità delle immissioni. Tuttavia, nonostante l'assenza di rilevamenti fonometrici, il secondo giudice ritiene di potersi comunque pronunciare a favore dei vicini, accogliendo le loro istanze risarcitorie.

IMMISSIONI E RIMOZIONE DELLE FONTI RUMOROSE

La Corte territoriale ritiene di dover valorizzare altri elementi di giudizio che confortano la valutazione sul punto, tra cui tutta una serie di di diffide provenienti dal Comune e dall'ASL dalle quali emergeva la presenza sul fondo dei convenuti di numerosi animali.

Secondo il Collegio, tenuto conto dell'ubicazione dei fondi (in zona agricola, non interessati da intensa circolazione stradale o da altre sollecitazioni acustiche), tali accertamenti consentono di affermare il superamento del limite di tollerabilità e dunque anche l'esistenza di un danno in re ipsa. Per questo ai tre attori viene riconosciuto un risarcimento determinato in via equitativa in 5mila euro a testa a causa del pregiudizio alle abitudini di vita da loro subito.

Una decisione contestata innanzi agli Ermellini dai vicini rumorosi secondo cui, nel caso in esame, sarebbe mancato quello scrupoloso accertamento peritale necessario per verificare il superamento del limite di tollerabilità delle immissioni. Il giudice a quo sarebbe pervenuto alla dichiarazione di intollerabilità delle immissioni basandosi su documenti, senza aver riguardo agli esiti di una consulenza tecnica di ufficio ovvero ad una prova testimoniale.

Tra l'altro, si evidenzia come la documentazione esaminata, di natura amministrativa, fosse risalente nel tempo e si limitasse solo ad attestare l'esistenza nel fondo dei ricorrenti di un pollaio, e ciò a seguito di sollecitazioni provenienti proprio dagli attori.

NESSO DI CAUSALITÀ

Doglianze che non convincono la Suprema Corte che ne dichiara l'inammissibilità in quanto volte, nella sostanza, a contestare l'apprezzamento in fatto delle risultanze probatorie, come operato dal giudice di merito, quasi a voler configurare il giudizio dì legittimità come una terza istanza di merito.

Come affermato dalla stessa Cassazione (cfr. 23754/2018), i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell'ambiente, pur potendo essere considerati come criteri minimali inderogabili, al fine di stabilire

l'intollerabilità delle emissioni che li superino, non sono sempre vincolanti per il giudice civile che, nei rapporti tra privati, può pervenire al giudizio di intollerabilità ex art. 844 c.c. anche qualora le immissioni siano contenute suddetti parametri.

Ciò gli è possibile sulla scorta di un prudente apprezzamento che tenga conto della particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica. E nel caso di specie la Corte ha proceduto a tale verifica con accertamento di merito, connotato da logicità e coerenza, e dunque insindacabile in sede di legittimità.

INTOLLERABILITÀ: AMMISSIBILI MEZZI DI PROVA DIVERSI DALLA C.T.U.

Ancora, quanto ai mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità delle immissioni ex art. 844 c.c., la giurisprudenza ha chiarito che "non debbono essere necessariamente di natura tecnica".

I limiti prescritti dalle leggi speciali (in particolare la legge n. 477/1995 sul c.d. inquinamento acustico) hanno la finalità di garantire la tutela di interessi collettivi e non di disciplinare i rapporti di vicinato. Ciò soprattutto nei casi in cui, trattandosi di emissioni rumorose discontinue e spontanee, le stesse difficilmente sarebbero riproducibili e verificabili su un piano sperimentale.

Nonostante l'apprezzabile il comportamento dei convenuti, che hanno inteso far cessare la condotta che era causa delle immissioni sonore, questo non può pregiudicare il diritto degli attori a conseguire un ristoro per il pregiudizio, nella specie di carattere non patrimoniale, determinato dall'illegittima condotta protrattasi per un considerevole numero di anni.

Precludere al giudice, nell'ambito del suo potere di apprezzamento, la possibilità di riconoscere il carattere dell'intollerabilità anche avvalendosi di mezzi di prova diversi dalla c.t.u., equivarrebbe ad attribuire alla condotta unilaterale del danneggiante la possibilità di vanificare il diritto al risarcimento del danno, impregiudicata in ogni caso la necessità che dalle prove offerte emerga l'effettiva dimostrazione dei caratteri delle immissioni tali da generare il diritto al risarcimento del danno.

LIQUIDAZIONE DEL DANNO NON PATRIMONIALE

Infine, circa la liquidazione del danno da immissioni che superino la soglia della normale tollerabilità, la Corte (richiamando Cass. n. 21554/2018) sottolinea come in tale ipotesi venga in considerazione unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi. Ciò rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni ex art. 2043 c.c. e, specificamente, per quanto concerne il danno non patrimoniale risarcibile, in quello dell'art. 2059 c.c. (cfr. Cass. n. 5844/2007).

Quanto poi al riscontro del pregiudizio, si legge nell'ordinanza, "il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane". i tratti di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi a seguito della cd. "comunitarizzazione" della Cedu. Conclusione avallata altresì dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 2611/2017.

Nel caso di specie, i giudici di appello, una volta escluso che le immissioni avessero determinato delle conseguenze incidenti direttamente sull'integrità psico fisica degli attori, hanno però comunque riscontrato la compromissione delle abitudini di vita quotidiana per effetto delle stesse. Da ui la corretta liquidazione del danno in via equitativa, in una somma di pari importo per ognuno degli attori, avuto riguardo al fatto che tutti gli attori occupavano per finalità abitative l'immobile sottoposto alle immissioni moleste.

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